Si è appena conclusa a Roma la quinta edizione di MED – Mediterranean Dialogues, promossa dal nostro Ministero Degli Esteri in collaborazione con ISPI (istituto italiano per gli studi di politica internazionale).
Tanti gli argomenti toccati e tanti gli interventi di esperti di economia, immigrazione e geopolitica, in particolare dell’area del Mediterraneo. Nella sezione “Report” del nostro blog potete trovare il documento completo dell’ISPI, ma oggi vogliamo concentrarci su due interventi importanti sul tema immigrazione: quello del professor Bouchra Rahmouni e quello di Matteo Villa ed Elena Corradi dell’ISPI.
Tutti e tre gli esperti del MED partono dal presupposto che le migrazioni siano causate da alcuni fattori quantificabili, primo fra tutti, la demografia.
Mentre nei paesi cosiddetti sviluppati la crescita della popolazione rallenta (in alcuni casi, drasticamente), in Africa la tendenza è contraria: si pensi che solo nei paesi appartenenti alla zona cosiddetta MENA (Medio Oriente e Nord Africa) la popolazione è passata da 100 milioni di abitanti negli anni ’50 a 380 milioni nel 2000 e si pensa possa arrivare a 724 milioni nel 2050 (il 7,4% della popolazione mondiale stimata a 9,7 miliardi). Il continente africano, come abbiamo già stimato in passato, passerà dai 1,2 miliardi di abitanti di oggi ai 2,5 a metà del secolo.
Questo significa che la popolazione in questa parte del mondo sarà molto giovane e, secondo il professor Rahmoudi, rappresenterà un’arma a doppio taglio: una popolazione giovane in un mondo vecchio potrebbe essere una grande risorsa per il proprio e per altri paesi, ma anche una bomba pronta a esplodere nel caso di mancanza di strategie e infrastrutture, quindi di lavoro e di stabilità. Proprio nella zona MED, oggi il tasso di disoccupazione è il più alto al mondo e nel 2050 il 38% della popolazione sarà minorenne e non istruita, a causa dei conflitti che colpiscono questi paesi.
Cosa faranno questi giovani disperati? Con tutta probabilità cercheranno fortuna in un altro paese o, più probabilmente, continente.
Tuttavia, non è solo il fattore demografico ad azionare l’emigrazione: il professor Rahmouni, infatti, nel corso dei MED approfondisce un tema già affrontato in passato in questo blog, quello dei migranti ambientali. Secondo l’Organizzazione Internazionale dell’Immigrazione, nel 2050 gli immigrati internazionali nel mondo saranno circa 1 miliardo e 200 milioni di loro saranno eco-migranti, ossia persone costrette a lasciare il loro paese a causa di disastri naturali o condizioni ambientali invivibili. Nel 2018, solo nell’Africa sub-sahariana più di 3 milioni di persone, ossia quasi il 20% dei migranti provenienti da quell’area, hanno lasciato la loro terra a causa di disastri naturali.
Lasciamo altri dati e fattori da analizzare al report sul nostro blog, e vi riportiamo la conclusione a cui arrivano gli esperti: la migrazione non è un fenomeno nuovo e non si fermerà. Come sostiene il professor Rahmouni, le risposte all’immigrazione proveniente da Africa e Medio Oriente non possono essere basate sulle nostre paure: bisogna sviluppare innanzitutto degli studi a lungo termine su quelli che sono dati prevedibili riguardo le migrazioni (demografia e PIL) per poi creare politiche, anch’esse a lungo termine, per gestire un fenomeno che non solo non si arresterà, ma che, ben amministrato, può portare a vantaggi consistenti per la demografia e l’economia del nostro vecchio continente.