In questi ultimi mesi alcuni eventi stanno indicando la via africana al futuro. Purtroppo, quello che si sta delineando è uno scenario assai negativo.
A Nairobi un attacco terroristico ha devastato un hotel di lusso, lasciando sul terreno 14 morti e una trentina di feriti. L’attacco è stato condotto dalle milizie di Al Shabaab, un gruppo terrorista somalo che ha colpito il Kenya nella ricorrenza dell’intervento militare contro la Somalia del 2011. Bene sapere che in Kenya l’estremismo islamico è inesistente: la maggioranza della popolazione è cattolica o protestante e, tra i paesi sub-sahariani, il Kenya è considerato il più “occidentale”.
Più grave e meno chiaro è stato il rapimento della giovane Silvia Romano, volontaria di una piccola ONG italiana, anch’esso accreditato ad Al Shabaab – penso, per tingere di terroristico la storia, perché nella realtà mi sembra più un rapimento per ottenere del denaro, le cui trattative sono ancora in corso.
A questo rapimento si aggiunge quello più recente dell’architetto veneto con la sua fidanzata canadese nel Burkina Faso.
Insieme ai rapimenti, va aggiunto, sempre in Burkina Faso, l’omicidio dell’ingegnere canadese, giustiziato da una banda al qaedista. E poi, un interminabile crescendo di violenze: migliaia di morti durante le elezioni in Congo e altre centinaia in attentati locali in vari paesi, dall’Egitto alla Somalia, dallo Zimbabwe alla Nigeria.
Di queste vicende naturalmente non c’è traccia sulla nostra stampa, quindi per noi non esistono. Ma sono accadute.
Intanto – ecco una cosa di cui si parla sulla nostra stampa – le migrazioni dall’ Africa riprendono con centinaia di morti nell’indifferenza assoluta dell’Europa e nella disumanità del nostro governo.
Ho messo insieme questi fatti per trarre due conclusioni.
Lo sviluppo demografico dell’ Africa spinge a una maggiore povertà e la povertà sfocia inevitabilmente in ribellioni. I ribelli, i disperati, spesso utilizzano lo strumento dei rapimenti e degli attentati per fare colpo e pressione sui media e per rafforzare la loro immagine e la loro ragione di esistenza, creando così un clima di potenziale terrore. Questo accade soprattutto nei paesi con maggiore presenza musulmana (il 40% della popolazione in Africa, soprattutto negli stati del nord, è musulmana).
La seconda conclusione riguarda la migrazione, che non si fermerà. Non è certo colpa delle ONG se è ripresa la pressione migratoria dall’ Africa, così come non è colpa delle due navette umanitarie che solcano il Mediterraneo se questi poveretti vogliono sfuggire a regimi autoritari oppure alla fame e decidono di correre il rischio (altissimo) di morire per tentare di ottenere una vita e un po’ di speranza.
La vera domanda che dovremmo porci in questo momento è se questo processo si fermerà. E la risposta purtroppo è NO. Non solo non si fermerà, ma aumenterà.
Come possiamo pensare di fermare questo processo se dall’altra parte del Mediterraneo vivono 1,3 miliardi di persone povere, che a breve diventeranno 2,5 miliardi? È impossibile. Se queste persone hanno fame – e la avranno, perché lo sviluppo economico africano non riuscirà mai a soddisfare i milioni di neonati che arriveranno – le migrazioni dall’ Africa sono e saranno sempre più importanti.
Un piano europeo sarebbe necessario. E mi stupisce che nel dibattito attuale pre-elezioni europee nessuno ne accenni, come a dire che non esiste il problema e che, quindi, non si sta pensando a una reale soluzione.
Vera e propria ipocrisia politica di tutta Europa, dai democratici ai sovranisti.