Machine learning, robotica e Intelligenza Artificiale.
luglio 18, 2018
Lasciamo per un attimo i bianchi alle loro paure e torniamo all’argomento di cui stavamo trattando: la robotica, il machine learning e l’Intelligenza Artificiale.
Il report firmato McKinsey “A future that works: automation, employment and productivity” (vedi nella sezione AFRICA REPORTS) parla dell’automazione come di un fenomeno positivo in grado di contrastare il declino della forza lavoro nel mondo occidentale, aumentandone qualità, velocità e precisione. Secondo gli esperti, circa metà delle attività mondiali avrebbe le caratteristiche per essere automatizzata, il 5% le potenzialità per esserlo totalmente, il 60% solo parzialmente. In quest’ottica la produttività potrebbe crescere annualmente in modo considerevole. Le attività che presentano il più alto grado di automazione sono quelle fisiche: settore industriale, settore alberghiero, vendita al dettaglio e ristorazione.
Il ritmo a cui l’automazione muoverà dipenderà molto dal contesto sociale, tecnico ed economico: negli scenari previsti potrebbe manifestarsi una vera svolta nel mondo della produzione già intorno al 2055. Lo scenario ideale prevede che il lavoratore mantenga il suo posto in azienda, specializzandosi nella gestione dei nuovi macchinari.
Resta aperta, però, la possibilità che si verifichi quello già avvenuto nel passato in agricoltura e nel manifatturiero, quando l’evoluzione tecnologica ha di fatto sostituito diverse mansioni manuali, contribuendo a far crollare l’occupazione.
Certo questa positività raccontata da McKinsey è chiara per chi, in questo mondo, si occupa di fare affari. Resta un po’ più problematico il percorso per chi, nello stesso mondo, non vive di business o, forse ancora peggio, tenta di amministrarlo rivestendo cariche istituzionali, amministrative e politiche. Sarà infatti essenziale, per queste persone, far quadrare i conti sociali ed economici, abbracciando le nuove tecnologie e il machine learning senza dover sopportare troppe perdite sociali.
La sfida consisterà nel fare evolvere i sistemi educativi e occupazionali, così che possano aiutare i rispettivi cittadini a stare al passo con i tempi. Non sarà semplice, soprattutto per quei paesi che, al giorno d’oggi, già faticano a infrastrutturare il proprio territorio per facilitare commerci e servizi di prima necessità.
La positività di McKinsey sembra non fare i conti con due fattori importanti: la dislocazione della robotica e la velocità con cui la sua diffusione avverrà. L’evoluzione tecnologica non interesserà tutto il mondo: prevalentemente sarà concentrata in Usa, Europa dell’Ovest, Giappone, Cina E alcuni paesi asiatici. Realtà che contano popolazioni lavorative non certo giovani, reti politiche e sociali adeguate a fare fronte a una eventuale crisi di sistema.
L’avanzata tecnologica e del machine learning, dettata dalla ricerca di produttività, sarà più veloce e forte di ogni pianificazione politica, rischiando di creare una crisi nelle strutture sociali dei paesi coinvolti. Davanti alla corsa della robotica, i lavoratori generici rischieranno di perdere il posto senza avere avuto il tempo di pianificare una fase di studio in grado di attualizzare e aggiornare le loro capacità. I governi, allo stesso modo, non avranno avuto il tempo di promuovere programmi adeguati di informazione e formazione: la rivoluzione tecnologica sarà più veloce.
Quello che accadrà dipenderà molto dal contesto politico, ma preoccupa pensare alla possibilità che si inneschi un meccanismo simile al populismo politico che ha originato la Brexit e la salita al potere di Trump e Salvini. La consistente perdita di posti di lavoro potrebbe portare a un calo nei consumi, trascinando i paesi interessati da questo boom tecnologico in una crisi sistemica.
Impossibile immaginare cosa potrà succedere in Africa, dove, già oggi, molti paesi non riescono a garantire una qualità di vita minima ai propri cittadini.