“In some ways this is a dark time for human rights. Yet while the autocrats and rights abusers may capture the headlines, the defenders of human rights, democracy, and the rule of law are also gaining strength. The same populists who are spreading hatred and intolerance are spawning a resistance that keeps winning its share of battles. Victory in any given case is never assured, but it has occurred often enough in the past year to suggest that the excesses of autocratic rule are fueling a powerful counterattack.”
Così inizia la sua relazione Kenneth Roth, Executive Director di Human Rights Watch, nell’introduzione alla nuova edizione 2019 del World Report on Human rights dal titolo “World’s Autocrats Face Rising Resistance”.
Che i diritti siano sotto attacco non sfugge a nessuno, in nessun luogo. Solo leggendo i giornali degli ultimi giorni troviamo, per citare i fatti più esemplari, la rinascita delle leggi contro l’aborto negli USA, patria del femminismo, e la pena capitale per gli omosessuali in Uganda; restando in Italia, il triste e farsesco convegno di Verona e la battaglia contro la Cannabis light.
Forse nel nostro piccolo non ce ne rendiamo conto, ma i diritti calpestati di chiunque e in qualunque luogo sono pesantemente collegati alle guerre nel mondo, alla spietata ferocia verso gruppi inermi di donne e bambini, allo sfruttamento dei minori e delle donne, allo sterminio dei Rohingyia, ai crimini nello Yemen, alla situazione perversa del Venezuela, alla mancanza di libertà di stampa, anche nei paesi che sembrano più democratici.
Il documento dell’ONU passa in rassegna tutti i paesi, compresi quelli occidentali, e li bolla con ignominia quasi tutti, riportando minuziosamente i contrasti ai diritti umani: da quelli elementari a quelli, diciamo, più “evoluti”. La lettura, anche quella più superficiale, provoca interesse e sdegno contemporaneamente e la domanda che suscita è: “Perché esiste un mondo così egoista, spietato e perfido?”. L’autore del report, tuttavia, è ottimista e sostiene che, in questi tempi bui, chi difende i diritti civili sta acquistando forza. Spero vivamente che abbia ragione!
Ma ci metto anche del mio, parlando di un diritto nuovo, che sta prendendo piede, ma per il quale c’è poca attenzione e che sempre più spesso viene calpestato, perché ignorato dai più. Sto parlando della migrazione cosiddetta “ecologica”. La illustro con un esempio recente ed eclatante, che riguarda il Chad. Anzi, per essere precisi la zona del lago omonimo, che si trova nel punto di incontro tra Nigeria, Cameroon e, appunto, lo stato del Chad. Dal 1972 a oggi il lago è praticamente dimezzato, come racconta l’ultimo numero di The Economist. La siccità sempre più terribile e irreversibile ha reso la zona povera, la terra impossibile da coltivare e il caos politico incontrollabile (Boko Haram si è, infatti, moltiplicato nei dintorni).
Di conseguenza, la popolazione fugge per rifarsi una vita migliore, principalmente nei paesi limitrofi, pochi in Europa. Sono questi i cosiddetti “migranti ecologici”, gruppi di persone che dovrebbero vedersi riconosciuto il diritto di asilo, quasi e quanto i rifugiati politici. È una forma d’immigrazione e di emergenza che il nostro paese ancora non contempla, ma che dovrà per forza di cose entrare nelle discussioni nazionali e internazionali sull’immigrazione, perché il climate change, altro tema mondiale innegabile e senza frontiere, non concederà tregua.
Occorrerà, allora, dire al nostro “vincitore delle elezioni” che esiste un altro diritto da dover tutelare.