Gira per l’Europa e per gli altri paesi occidentali (USA compresi) una grande paura. Per tutto e contro tutti.
La paura del diverso. La paura della nostra cultura. La paura dei migranti. La paura del futuro. Paura per l’innovazione. La paura, insomma, di TUTTO.
Ma c’è ragione di aver paura? La ragione c’è, ma per altri motivi.
Il primo è quello demografico: a fine secolo, i bianchi, ossia le persone che vivono nel cosiddetto “mondo occidentale”, saranno pochi; un miliardo o poco più contro i 4 dell’Africa, i 4 dell’Asia e l’altro 1 del sud America. In Europa, Usa, Australia e Russia la popolazione sarà scarsa: le persone non fanno figli, gli anziani aumentano e la curva mediana si alza sempre di più (meno in USA, più in Europa). Saremo i più ricchi, con circa il 70% della ricchezza mondiale, ma saremo circondati.
Questo non è uno scenario, è una certezza.
Ed è la prima grande debolezza cui nessuno pensa. Abbiamo altre debolezze?
La riposta è sì: tante. La democrazia è la seconda.
Siamo paesi democratici. La democrazia l’abbiamo inventata e conquistata, ma rischia di essere un onere e non un privilegio nei confronti dei paesi emergenti, che della democrazia hanno poco rispetto e possono decidere più velocemente. Mi riferisco, tra gli altri, alla Cina, a molti paesi africani, asiatici e sud americani. Cioè, più o meno a 8 miliardi di persone su 11.
I diritti sono la terza debolezza: fanno il paio con la democrazia e, anche in questo caso, li abbiamo conquistati. Sono il nostro fiore all’occhiello, ma non attecchiscono in luoghi dove sono negati. Un esempio per tutti: da noi gli omosessuali si sposano, in Uganda sono messi a morte. Dovremmo essere molto forti per far tutelare questi diritti, ma purtroppo non lo siamo.
Quarta, la tecnologia: sembra la nostra forza, almeno di molti paesi bianchi, ma l’abbiamo “donata” a tutti. O meglio, l’abbiamo fatta pagare avidamente. Risultato: siamo più ricchi (basta guardare le capitalizzazioni delle sette sorelle della tech), ma senza esclusiva.
Quinto e più importante punto debole è la disuguaglianza: la nostra avidità ha fatto crescere il mondo con la globalizzazione, con il risultato che, oggi, i cinesi hanno un PIL pro-capite 13 volte più alto di quello di 20 anni fa ($ 8.600 contro $ 600), mentre la nostra classe media lo ha visto diminuire e si sente più povera. Uno o due miliardi di asiatici stanno meglio, mentre 500 milioni di occidentali stanno peggio di prima.
Risultato: Trump, Brexit, Orban e Salvini. E la disuguaglianza è la madre delle debolezze.
Se fossimo tutti uniti, se avessimo redistribuito meglio il reddito, se capissimo che le paure da avere sono altre, allora non ci sarebbe da avere paura. Siamo ricchi, siamo la punta di diamante del mondo in termini di cultura e democrazia, viviamo più a lungo e in paesi ospitali con belle case, abbiamo insomma il meglio.
Ma siamo disuniti e rancorosi, invidiosi e meschinelli. Gli uni contro gli altri, e i cosiddetti populisti hanno facile accesso ad aumentare le nostre paure.
Quando avremmo dovuto riadeguare la nostra curva di ricchezza, togliendo a chi ha troppo e dando a chi ha meno, ce ne siamo “dimenticati”, avidamente e stupidamente. E per di più, quando i populisti vanno al governo, non ribaltano lo schema; anzi, lo esasperano, perché per loro è necessario avere sempre tanta gente incazzata, se vogliono continuare a vincere. Tanto i nemici sono altri: i neri, i tanti privilegi (che non mancano), l’industria, le banche.
Il circolo vizioso è infinito.
Qualche esempio: Trump che vuole rompere la Nato, dividendoci nell’unica forza solida, ossia quella militare; sempre Trump che mira all’isolazionismo, dopo aver praticato e inventato la globalizzazione, e che oggi considera i rapporti con la UE negativi; e poi il Regno Unito che sfugge l’Europa, la flat tax in USA e in Italia, al posto di una sana correzione progressiva a danno dei più ricchi, e così via, con tanti piccoli e grandi esempi.
Ma il più grande vizio in assoluto è rappresentato dai muri: alzati fisicamente e culturalmente, per ficcarci tutti dentro il nostro guscio. Come a dire: chiudiamo la porta e mettiamoci sotto il letto, senza più interessarci a cosa accade nel mondo. E ciò avviene proprio in Occidente, che in passato ha vinto solo aprendosi e aprendo il mondo, esportando cultura, diritti, sogni ed esempi. Oggi si nasconde, tremante sotto il letto.
In questo modo, perde le sue opportunità, perché solo nell’apertura c’è sviluppo e crescita.
La figura di Orban chiuso dietro il suo muro ungherese è la cifra della paura di questi tempi, la cifra che la chiusura diventerà povertà. E, scontato dirlo, la paura alimenta altre paure. Sempre.
Cosa dovremmo fare? Semplice: non avere paura.
O almeno avere paura delle minacce vere; e poi, cercare di fare più figli, redistribuire la ricchezza, costruire una vera Europa per svilupparci tutti insieme, continuare a migliorare la nostra qualità di vita, di benessere, di salute, di diritti e di cultura.
Sapendo che tutte queste azioni e tutte queste caratteristiche costituiscono una forza se sfruttata tutti insieme; se saremo in grado di non farci dividere… da alcuni pifferai magici.