Riallacciandoci all’articolo di un paio di giorni fa, cercando quindi di analizzare le esigenze africane e di dedicare loro soluzioni ad hoc, partendo dal contesto nel quale nascono, abbiamo cercato di immaginare come la tecnologia potrebbe beneficiare ampiamente alcuni settori, se solo qualcuno ci investisse seriamente.
In primis educazione, medicina ed energia.
Pensiamo, ad esempio, allo sviluppo di corsi online per le scuole, dato che in Africa molti istituti scolastici, soprattutto secondari e professionali, sono difficilmente raggiungibili e spesso costosi.
Tecnologia, banda e internet avvicinano: perché quindi non immaginare scuole connesse alla rete, in grado di mettere a disposizione lezioni online specifiche, così come corsi base di agricoltura, pacchetti di lezioni finanziati dallo Stato. In occidente, migliaia di persone seguono online lezioni scientifiche e culturali, tanti studenti frequentano persino corsi universitari e master senza mettere piede in un’aula scolastica.
Si pensi ancora ai benefici che potrebbe portare l’avanzamento della tecnologia in campo medico: come visto nelle pagine precedenti, spesso in Africa l’assistenza sanitaria è gestita privatamente, quindi poco accessibile per la gran parte della popolazione del continente. Per le aree rurali, spesso escluse da ogni tipo di presenza medica qualificata, sarebbe sufficiente un’applicazione in grado di offrire tutorial, consigli e istruzioni via Skype, come fosse una piccola clinica, sempre pronta a suggerire le procedure di base per migliorare il trattamento di un’infezione, indicare quali medicine valide possano essere acquistate a poco, avvertire in caso sia necessario l’intervento di un medico competente. Una sorta di “doctor online”.
Certo sono già attivi alcuni servizi di questo genere, ma non rispondono alla grande frammentazione africana, non sono così innovativi come solo una risposta tecnologica studiata in Africa potrebbe esserlo.
Una grande novità rivoluzionaria potrebbe essere la creazione della Smart City di Konza in Kenya, la nuova città ecocompatibile e tecnologica progettata dal governo del Kenya che dovrà sorgere su 2000 ettari di terreno a 80 chilometri da Nairobi e che dovrebbe divenire la Silicon Valley dell’Africa. A oggi è ancora un progetto, ma l’appalto della prima urbanizzazione è già stato vinto da una società italiana, la ICM Maltauro; segno che stanno facendo sul serio.
Una bozza della futura Technology City.
Infine, l’energia. Perché, non va dimenticato, il continente africano è anche il paese del sole, del vento e dell’acqua.
Nonostante queste risorse a disposizione, l’Africa viene spesso rappresentata come un paese che al calare del sole rimane al buio: non ci vuole molta lungimiranza nel pensare che, nel prossimo futuro, tecnologia e energia green possano essere soluzioni definitive per soddisfare il fabbisogno energetico africano.
Il mondo sta gradualmente abbandonando il petrolio per spostarsi verso la green economy e l’Africa ha la possibilità di farlo su larghissima scala. Le risorse di cui dispone potrebbero infatti soddisfare piccole e grandi necessità, dalla ricarica di un cellulare o di una lampadina fuori dalla propria abitazione, fino a sistemi di produzione elettrica più complessi, in grado di rendere un servizio ad un’ampia porzione di territorio.
Se il continente iniziasse ad investire nelle proprie potenzialità, partendo dal contesto geografico e sociale in cui esse si sviluppano, forse la situazione potrebbe migliorare e l’aumento della popolazione locale essere incanalato in percorsi di crescita lavorativa e professionale.
Per il momento però, se non fosse per gli investimenti cinesi, in Africa si muoverebbe ben poco.