Qualità della vita: in Africa è la peggiore del mondo.
maggio 25, 2018
Dal 1980 ad oggi la povertà si è ridotta. Questo è quello che raccontano i grafici degli istituti più autorevoli: nella sola fascia sub-sahariana, in 20 anni, sono stati guadagnati circa 5 punti percentuali di riduzione della povertà.
Ma inutile negarlo: medie e percentuali sono spesso poco rappresentative; se si analizzano i numeri usando i parametri in assoluto, il panorama cambia. Secondo le ultime analisi pubblicate dall’UNHCR, l’Agenzia ONU per i rifugiati, al mondo si contano circa 767 milioni persone che vivono con meno di 2 $ al giorno, soprattutto nelle fasce giovanili.
Le persone considerate sotto la soglia della povertà nell’Africa sub-sahariana si aggirano sempre sui 400 milioni, ormai da anni e, attualmente, il 50% dei 767 milioni di persone considerati dall’UNHCR sotto la soglia di povertà è circoscrivibile all’Africa sub-sahariana.
L’Africa, soprattutto in quest’area, presenta un altissimo tasso di povertà (quasi il 60%) e un indice di sviluppo umano tra i più bassi al mondo: gli sforzi di miglioramento ci sono, ma vengono pericolosamente frenati dalla continua e incessante crescita della popolazione.
Esistono diversi studi in merito; su tutte abbiamo le elaborazioni UNDP, “Human Development for Everyone” in cui vengono analizzate le possibilità di raggiungere un livello di qualità della vita accettabile, per tutti. Vengono presi in esame diversi fattori, tra cui un’adeguata partecipazione alle decisioni politiche, il rispetto dei diritti umani, la garanzia di vivere in un ambiente salubre, la possibilità di raggiungere un benessere, non solo economico.
Trasportando questi criteri di valutazione nel contesto africano, ci si scontra spesso con l’incapacità dei governi di soddisfare queste condizioni indispensabili a promuovere uno sviluppo degno del suo nome.
Anzi in questo senso, l’Africa emerge spesso, in grafici e tabelle, come il cuore del non sviluppo: basti pensare alla vita di un bambino costretto al lavoro minorile in una delle tante baraccopoli.
Questo bambino crescerà senza istruzione, senza aver raccolto tutti gli stimoli che trasformano una persona in un cittadino, senza alimentazione e cure mediche adeguate. La famiglia che formerà, una volta uomo, partirà da un gap culturale e sociale forte, senza la consapevolezza dei suoi diritti e delle sue potenzialità verso una cittadinanza attiva.
Un’occasione persa per lui e un’occasione persa per la società intera.