The curse of riches: la maledizione delle ricchezze.
marzo 9, 2018
L’Africa è depositaria del 15% delle risorse petrolifere, del 40% di oro, dell’80% di platino. È il continente più ricco di diamanti e vi si trova uranio, rame, minerali di ferro, bauxite, cobalto, manganese.
Oltre il 25% del suo export dipende da queste risorse naturali e l’economia di ben 20 paesi si mantiene esclusivamente grazie alla loro estrazione (il 97% del PIL di Nigeria e Angola, ad esempio, deriva dal petrolio). Essere totalmente dipendenti da un’unica attività può rapidamente trasformarsi in una maledizione letale per questi paesi: la famosa maledizione delle ricchezze!
Va inoltre considerato un fatto: le entrate dovute alla vendita del greggio si fermano nelle mani di pochi, non vengono reinvestite in piani di sviluppo e poco contribuiscono alla qualità di vita delle comunità locali. Nei paesi a maggior esportazione di materie prime la corruzione e il saccheggio continuo di risorse hanno contribuito ad innalzare il livello di povertà: ridicolo e tragico al tempo stesso, ma purtroppo vero.
Wangari Maathai, nel suo libro “The Challenge for Africa”, riporta un caso che può sembrare curioso affiancare alle realtà africane, ma è calzante: la Norvegia. Il paese nord-europeo è infatti l’esempio di un paese che nel 1930 era povero e obbligava a emigrare, per ragioni economiche, il 15% dei suoi abitanti. Dopo la scoperta del petrolio, il paese si è rimesso in piedi e ha raggiunto i primi posti nelle classifiche mondiali, classificandosi terzo per il reddito pro capite più alto al mondo.
La strategia attuata è stata responsabile: la Norvegia ha tratto dalla vendita di petrolio soldi sufficienti a creare un fondo sovrano di miliardi di dollari, grazie al quale investe regolarmente in altre forme di economia e in altri settori di crescita, diversificando e diminuendo i rischi.
Un esempio di come non tutto il petrolio viene per nuocere.