Globalizzazione e Politica, Post

Com’è possibile che nel mondo i ricchi stiano costituendo il famoso 1% che possiede il 46% della ricchezza mondiale?

febbraio 19, 2018
Si tratta di persone che hanno mezzi e possibilità di giocare su più tavoli, compresi quelli della finanza, della tecnologia, dell’internazionalità e dei patrimoni ereditati.
Nella famosa “Piramide della ricchezza”, pubblicata nell’ultimo Global Wealth Report 2017 di Credit Suisse, alle spalle delle classi più agiate troviamo la percentuale paradossalmente più ampia e più debole: il 70% della popolazione mondiale, che non guadagna quasi nulla e vale solo circa il 3% della ricchezza globale. Una folla immensa di persone che non sono mai entrate e non entreranno nel gioco economico.
Resta poi una quota pari a circa il 29%, rappresentata dalle classi di mezzo, che, in qualche modo, sono state protagoniste del gioco della globalizzazione. Nessuno se ne era accorto, fino a quando la classe media non ha alzato la voce fomentando anche il 70% di popolazione più povera ed inerte, che in Occidente vota e può votare contro (e gli effetti si sono visti molto chiaramente negli ultimi due anni).
Tutto il mondo ha iniziato una lenta riconversione secondo nuove politiche fiscali e lavorative più attente ai bisogni di queste fasce sociali abbattute dalla globalizzazione, dai redditi di cittadinanza a quelli di inclusione, già realizzati per le fasce più povere.
Intanto, le delocalizzazioni si riducono, perché non danno più grandi vantaggi, e il costo del lavoro nei paesi poveri, dalla Cina alla Romania, si sta alzando, azzerando i guadagni per le imprese. L’arrivo della tecnologia 4.0, inoltre, contribuirà ancora di più a rimanere ancorati al proprio territorio; questo non significherà certo che gli operai otterranno nuovi posti di lavoro.
Oxfam, nel dossier “Reward work, not wealth” (di cui abbiamo parlato qualche settimana fa) denuncia e analizza questo paradosso globale e propone ai governi e alle imprese delle soluzioni.
Sarà possibile invertire la rotta?

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